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L'antefatto

Nel mese di marzo dell’anno scorso ho conosciuto a Quarona alcuni geologi che erano in valle per mappare il territorio valsesiano.

Si trattava del prof. Silvano Sinigoi, professore di petrografia presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Trieste e del suo assistente dott. Andrea Sbisà, e qualche tempo dopo dall’America anche il prof. James E. Quick, prorettore della Southern Methodist University di Dallas, in Texas.

Il prof. Sinigoi ha iniziato a frequentare la Valsesia fin dal lontano 1979, e il prof. James Quick l’ha seguito a ruota dieci anni più tardi, dal 1989.

Avevo anche conosciuto alcuni vulcanologi giapponesi (dei quali non ricordo il nome), che da tempo studiano le inclusioni della peridotite di Balmuccia, e a casa mia si incontravano per confrontare i reciproci studi e fare il punto della situazione.

Durante l’estate scorsa altri studiosi e studenti continuavano ad arrivare in Valsesia e venivano accompagnati dal prof. Sinigoi a vedere e studiare questi affioramenti.

Incuriosito, gli ho chiesto qual’era l’interesse che suscitava tanto movimento nell’ambiente scientifico.

Il prof. Sinigoi mi ha spiegato che si trattava di un antichissimo vulcano sul bordo della piattaforma continentale africana, e che al momento dell’impatto della stessa contro la piattaforma europea, per effetto dell’orogenesi alpina, si è ribaltato di 90 gradi, (con il cratere a Prato Sesia e le radici a Balmuccia) mettendo in evidenza, lungo tutta la Valsesia le strutture di alimentazione magmatica.

Si era già a conoscenza da più di un secolo che nella bassa Valsesia affioravano rocce vulcaniche, come da parecchio tempo si sapeva che a Balmuccia emergevano gli strati più profondi della crosta terrestre (peridotiti); solo comparando gli studi effettuati in altre parti del mondo su rocce aventi caratteristiche analoghe con i lavori eseguiti in Valsesia nei decenni precedenti, gli studiosi ne hanno trovato la chiave di lettura.

L’unicità della scoperta è data dal fatto che l’edificio vulcanico sembra completo e tutto a vista, come se fosse stato sezionato verticalmente e girato orizzontalmente.

La bocca del cratere si trova verso Romagnano-Gattinara, e la parte più profonda verso Balmuccia che in origine era a 25 km di profondità sotto il vecchio vulcano.

Questa esposizione, assolutamente UNICA AL MONDO, permetterà di analizzare e studiare il sistema magmatico fino alla parte inferiore della crosta terrestre aiutandoci a comprendere la struttura e il funzionamento di vulcani oggi attivi, consentendo di migliorare il monitoraggio ed il rischio vulcanico, che interessa fortemente anche il nostro paese.

Reso partecipe della scoperta, mi è parsa una notizia di particolare interesse da diffondere presso i residenti e ho chiesto al prof. Sinigoi la sua disponibilità alla divulgazione a livello locale delle sue scoperte, visto che riguardava proprio la geologia della nostra valle.

Dopo trent'anni di ricerche in Valsesia era la prima volta che un "locale" gli faceva una domanda del genere e, un po’ stupito, un po’ entusiasta mi ha dato l’OK!

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